Dicevo degli accidentati percorsi professionali.
Il mio inizia a Napoli, dove ho frequentato l’Università Federico II con impegno medio e profitto normale, mi sono laureato con un voto standard, discutendo una tesi su un argomento mediamente gettonato, indossando (se ben ricordo) un vestito di ordinaria qualità.
Dopo di che ho fatto la pratica forense e preso il fatidico “titolo di avvocato” (il “pezzo di carta bis”, dopo la laurea) con 3 temi di usuale lunghezza e con un voto perfettamente nella media.
Insomma, c’erano tutti i presupposti per una carriera da avvocato medio, del tipo “ma com’è l’Avvocato Giulio?” “Mah, normale, una volta vince, una volta perde” “Sicuro? A me sembra bravo” “Te l’ho detto, è uno che una volta vince e una volta perde” “Oddio, io ho appuntamento con lui oggi. Sai per caso se l’ultima causa l’ha vinta o l’ha persa?”.
Il fatto è che a me la “media” è sempre piaciuta.
La “media” è quella zona grigia (ma non nel senso di grigia-triste, no, un grigio elegante, preferisco dire “fumo di Londra”) in cui sei circondato da airbag, cuscinetti e reti di protezione.
Non vuoi responsabilità? Resta saldamente aggrappato alla media come i passeggeri del Titanic lo erano alle scialuppe di salvataggio.
Vuoi evitare le batoste? Posizionati sempre un filo sopra il “meno che mediocre”: ti eviterà tante mortificazioni.
Ma stai attento a non sconfinare mai nel “più che sufficiente”: potrebbero abituarsi e pretendere che tu raggiunga risultati ancora migliori.
Insomma - mi ripetevo - se non scendo al di sotto della media, sono sicuro che nessuno potrà mai rimproverarmi che ho sbagliato.
E se qualcuno si lamenta perchè non sono stato eccelso, peggio per lui, potrò sempre difendermi ribattendo: “Ma non l’hai letto il mio blog?”.
Solo che ad un certo punto questa filosofia iniziava ad andarmi un po’ stretta.
Decisi quindi che era giunta l'ora di fare il “grande salto”.
Grande, insomma, senza esagerare...
Diciamo che avevo deciso di fare un “salterello medio”, nella norma, senza infamia e senza lode.
(Pensateci un attimo, se vent’anni fa la stessa cosa l’avesse pensata Sergei Bubka, ora farebbe il badante di qualche 90enne italiano, e l'unico record della sua vita sarebbe il numero di pannoloni che riesce a cambiare in un giorno).
Ebbene, per un giovane avvocato napoletano, senza uno straccio di cliente, “fare il grande salto” è sinonimo di andare a cercare fortuna a Milano, in uno di quei mega-studi magari inglesi o americani.
Ma poi ho pensato: Milano?! Così lontana, così fredda, non ci sono pizzerie decenti, il caffè sa di piscia di gatto, che ci vado a fare? In più si narra che le camicie verdi organizzino, una volta al mese, una specie di “caccia al terrone”, armati di spranghe e catene.
E inoltre è così competitiva. Fanno a gara su tutto. Chi ha l’ultimo modello di blackberry, chi ha la cravatta più costosa, chi ha l’orologio più trendy, chi ha la fidanzata con le tette più grosse, ...
Io non so essere così competitivo.
E poi all’epoca non avevo il blackberry, portavo un orologio uscito in regalo da un fustino Dixan, e frequentavo una ragazza che ogni sera mi chiedeva “mi amerai per sempre anche se porto la seconda?”, quando in realtà portava la prima, .....
Dunque, Milano era da scartare. Ma del resto non potevo neppure rimanere a Napoli.
Quindi, in perfetta linea con la mia predilezione per le vie di mezzo, optai per un’onorevole soluzione intermedia. Se Milano era troppo lontana e Napoli troppo vicina, presi la mia decisione: andrò a lavorare in uno studio legale a Roma!
Ma sì, alla fine è a un’ora e mezza da casa, il clima è buono, si mangia bene, e poi è una città di paciocconi, gli avvocati saranno tutti dei simpatici caciaroni con la battuta pronta, tutti amiconi, pronti a darti una mano, un consiglio.
Basta pensare all’Avvocato Porta! Ah, che simpatica canaglia! Lì saranno tutti come lui. Sai che spasso in Tribunale?
E poi, è vero che Roma è la capitale, e ci sarà da lavorare, ma figuriamoci se gli avvocati restano in studio fino a tardi. Mica siamo a Milano. Gli avvocati romani hanno Piazza di Spagna, Piazza Navona, Trastevere, Villa Borghese, i localini all’aperto, sicuramente alle 5 del pomeriggio chiudono tutto e vanno a godersi la città più bella del mondo.
Su su, coraggio, fare l’avvocato a Roma sarà come vivere in una grossa fiction a cielo aperto, piena di avvocati Porta pronti a strapparti una risata con un “anvedi!” e un paio di “aho!”.
E poi noi napoletani siamo così simpatici, così solari, aperti, a Roma ci adorano! Sì sì, non aspettano altro che di conoscere nuovi colleghi partenopei, lo dicono tutti.
Ah, che bello, che splendida decisione che ho preso, sono sicuro che mi troverò bene.
Il mio inizia a Napoli, dove ho frequentato l’Università Federico II con impegno medio e profitto normale, mi sono laureato con un voto standard, discutendo una tesi su un argomento mediamente gettonato, indossando (se ben ricordo) un vestito di ordinaria qualità.
Dopo di che ho fatto la pratica forense e preso il fatidico “titolo di avvocato” (il “pezzo di carta bis”, dopo la laurea) con 3 temi di usuale lunghezza e con un voto perfettamente nella media.
Insomma, c’erano tutti i presupposti per una carriera da avvocato medio, del tipo “ma com’è l’Avvocato Giulio?” “Mah, normale, una volta vince, una volta perde” “Sicuro? A me sembra bravo” “Te l’ho detto, è uno che una volta vince e una volta perde” “Oddio, io ho appuntamento con lui oggi. Sai per caso se l’ultima causa l’ha vinta o l’ha persa?”.
Il fatto è che a me la “media” è sempre piaciuta.
La “media” è quella zona grigia (ma non nel senso di grigia-triste, no, un grigio elegante, preferisco dire “fumo di Londra”) in cui sei circondato da airbag, cuscinetti e reti di protezione.
Non vuoi responsabilità? Resta saldamente aggrappato alla media come i passeggeri del Titanic lo erano alle scialuppe di salvataggio.
Vuoi evitare le batoste? Posizionati sempre un filo sopra il “meno che mediocre”: ti eviterà tante mortificazioni.
Ma stai attento a non sconfinare mai nel “più che sufficiente”: potrebbero abituarsi e pretendere che tu raggiunga risultati ancora migliori.
Insomma - mi ripetevo - se non scendo al di sotto della media, sono sicuro che nessuno potrà mai rimproverarmi che ho sbagliato.
E se qualcuno si lamenta perchè non sono stato eccelso, peggio per lui, potrò sempre difendermi ribattendo: “Ma non l’hai letto il mio blog?”.
Solo che ad un certo punto questa filosofia iniziava ad andarmi un po’ stretta.
Decisi quindi che era giunta l'ora di fare il “grande salto”.
Grande, insomma, senza esagerare...
Diciamo che avevo deciso di fare un “salterello medio”, nella norma, senza infamia e senza lode.
(Pensateci un attimo, se vent’anni fa la stessa cosa l’avesse pensata Sergei Bubka, ora farebbe il badante di qualche 90enne italiano, e l'unico record della sua vita sarebbe il numero di pannoloni che riesce a cambiare in un giorno).
Ebbene, per un giovane avvocato napoletano, senza uno straccio di cliente, “fare il grande salto” è sinonimo di andare a cercare fortuna a Milano, in uno di quei mega-studi magari inglesi o americani.
Ma poi ho pensato: Milano?! Così lontana, così fredda, non ci sono pizzerie decenti, il caffè sa di piscia di gatto, che ci vado a fare? In più si narra che le camicie verdi organizzino, una volta al mese, una specie di “caccia al terrone”, armati di spranghe e catene.
E inoltre è così competitiva. Fanno a gara su tutto. Chi ha l’ultimo modello di blackberry, chi ha la cravatta più costosa, chi ha l’orologio più trendy, chi ha la fidanzata con le tette più grosse, ...
Io non so essere così competitivo.
E poi all’epoca non avevo il blackberry, portavo un orologio uscito in regalo da un fustino Dixan, e frequentavo una ragazza che ogni sera mi chiedeva “mi amerai per sempre anche se porto la seconda?”, quando in realtà portava la prima, .....
Dunque, Milano era da scartare. Ma del resto non potevo neppure rimanere a Napoli.
Quindi, in perfetta linea con la mia predilezione per le vie di mezzo, optai per un’onorevole soluzione intermedia. Se Milano era troppo lontana e Napoli troppo vicina, presi la mia decisione: andrò a lavorare in uno studio legale a Roma!
Ma sì, alla fine è a un’ora e mezza da casa, il clima è buono, si mangia bene, e poi è una città di paciocconi, gli avvocati saranno tutti dei simpatici caciaroni con la battuta pronta, tutti amiconi, pronti a darti una mano, un consiglio.
Basta pensare all’Avvocato Porta! Ah, che simpatica canaglia! Lì saranno tutti come lui. Sai che spasso in Tribunale?
E poi, è vero che Roma è la capitale, e ci sarà da lavorare, ma figuriamoci se gli avvocati restano in studio fino a tardi. Mica siamo a Milano. Gli avvocati romani hanno Piazza di Spagna, Piazza Navona, Trastevere, Villa Borghese, i localini all’aperto, sicuramente alle 5 del pomeriggio chiudono tutto e vanno a godersi la città più bella del mondo.
Su su, coraggio, fare l’avvocato a Roma sarà come vivere in una grossa fiction a cielo aperto, piena di avvocati Porta pronti a strapparti una risata con un “anvedi!” e un paio di “aho!”.
E poi noi napoletani siamo così simpatici, così solari, aperti, a Roma ci adorano! Sì sì, non aspettano altro che di conoscere nuovi colleghi partenopei, lo dicono tutti.
Ah, che bello, che splendida decisione che ho preso, sono sicuro che mi troverò bene.
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