sabato 19 novembre 2011

Blackout mondiale dei BlackBerry

Un paio di settimane fa è successa una cosa gravissima.
Da lunedì 10 ottobre fino a tutto mercoledì 12 i blackberry di mezzo mondo non hanno funzionato. All’improvviso, nessuno ha ricevuto più email.
Inutile dire che subito si è scatenato il panico. I blog e i forum sono stati invasi di messaggi di protesta e di disperate richieste di aiuto.
Qui a Milano niente da oggi alle 14:53. Alle 14:52:51 tutto funzionava però. Ora milioni di blackberry sono in coma. È un Olocausto tecnologico.
Anche a Firenze non si ricevono email da oggi pomeriggio. Maremma maiala.
A Cazzago di Pianiga, in Veneto, nel cesso di casa non arrivano le email, ma se mi sposto in soggiorno le ricevo. Se vado in cucina mi arrivano quelle destinate al mio vicino. Mio cognato a Scortegaretta ha lo stesso problema ed è incazzato come una biscia. Io invece mi faccio i cazzi del mio vicino e almeno passo la giornata.
Amici, sono un business lawyer, faccio corporate finance, mica faccio le file al giudice di pace, QUINDI ho urgente bisogno di un blackberry funzionante. Se a qualcuno di voi patetici disoccupati, precari o parafangari funziona, mi contatti via email, tanto mica vi serve. Non bado a spese.
Ma se l’email non ti funziona come li leggi i messaggi? Pirla!
Disoccupato! Comunista!
A Cazzago di Pianiga è tutto impazzito. Io non ricevo le email, ma alcuni miei amici dicono che c’è un coglione che si spaccia per me e manda a nome mio messaggi zozzi a tutti i contatti che ho in rubrica. Mia mamma mi ha chiamato chiedendomi a cosa mi serve una rumena di 23 anni, quando per fare le pulizie c’è già la signora Luigina, che è tanto brava.
Milano. Niente email da 2 giorni. Oggi in riunione è stato un inferno. Due ore senza sapere chi mi aveva scritto. Di solito rispondo in tempo reale a tutti, ora tutti si staranno chiedendo come mai sono diventato così lento. Mi sento coperto di vergogna, inadeguato a raccogliere le sfide tecnologiche del mio tempo, domani non riuscirò a guardare in faccia le persone allo stesso modo. La mia vita non sarà più la stessa. Vi prego, perdonatemi per la mia inettitudine.
Milano. Nessun segnale. Comunque oggi il mio collega di stanza ogni tanto si volta verso di me, mi chiede scusa non so per cosa, e abbassa lo sguardo. Stamattina l’ho visto scusarsi anche con un barbone in mezzo alla strada. Lo stesso barbone a cui ieri aveva giurato che prima o poi avrebbe dato fuoco.

Insomma, il nervosismo era alle stelle.
Ora, in un caso del genere è troppo facile liquidare la questione dicendo che stanno tutti esagerando, che fino a qualche anno fa si viveva e si lavorava benissimo anche senza blackberry, ecc. ecc.
La verità è che, se inizi ad usarlo, questo quadratino nero di 15 x 15 cm diventerà ben presto il padrone assoluto della tua vita.
Ormai nessuno (soprattutto nessun avvocato) può fare a meno di leggere tutte le email in tempo reale e di rispondere sempre e comunque, altrettanto in tempo reale, ovunque si trovi, qualunque cosa stia facendo (guidando, scopando, cacando, ….).
Magari sai benissimo che 99 messaggi su 100 possono essere letti tranquillamente la sera. Eppure, se sei senza blackberry, hai la certezza che proprio in quel momento qualcuno ti sta mandando quell’unica email su 100 alla quale devi rispondere subito, se non vuoi perdere un affare, un cliente, il lavoro, la casa, la pensione, …
Non è infrequente sentire avvocati che, parlando di colleghi rimasti all’era mesozoica del telefonino, dicono con disprezzo: “Lascialo perdere, che gli scrivi a fare? L’altro giorno gli ho mandato un’email con una proposta transattiva. Mi ha detto che l’ha letta il giorno dopo! E mi ha risposto dopo 3 giorni! Ti rendi conto? Un altro po’ e mi rispondeva quando era già uscita la sentenza!
Beh, veramente, visto che una causa dura 3 anni solo in primo grado, se anche risponde a un’email dopo 3 giorni, non è che cambi granchè.
Ma che c’entra, il blackberry è oltre il concetto di causa, è oltre il concetto di primo grado. Il blackberry è avanti, è in ogni fase e in ogni grado. Perchè ti ostini a stare dal lato sbagliato della barricata? Perchè non vuoi passare anche tu la soglia dell’oltre?

Il blackberry, poi, tira fuori il lato romantico che non sapevi di avere. È solo grazie a lui che finalmente dai forma e sostanza (variandola un po’) alla frase che ogni fidanzata sdolcinata vorrebbe sentirsi dire: “La tua agenda è l’ultima cosa che guardo prima di andare a dormire, e le tue email in arrivo sono la prima cosa che controllo appena mi sveglio”.

Ebbene, superato lo shock iniziale dell’ “Olocausto tecnologico”, mi sono fermato un attimo a riflettere, e all’improvviso sono tornato indietro con la mente ad un breve periodo della mia vita, quand’ero piccolo, negli anni ’80.
All’epoca c’era soltanto la SIP. “Tariffe”, “offerte speciali” e “concorrenza” erano parolacce, telefonare da Napoli ad Avellino costava un occhio della testa, Napoli - Roma poi non ne parliamo proprio, conveniva prendere il treno e parlare di persona.
In quel periodo la SIP offriva alle famiglie la possibilità di risparmiare sulla bolletta, adottando una malefica trovata tecnologica, ossia il famigerato “duplex”.
In cosa consisteva? In sostanza, un abbonato “condivideva” la linea telefonica con un altro abbonato, di solito una famiglia che abitava nello stesso palazzo. Ovviamente, se l’utente A era a telefono, l’utente B non poteva né fare né ricevere telefonate.
Il risparmio era notevole, ma, per quel poco che ricordo, le conseguenze erano davvero tragiche (e vanno contestualizzate considerando che allora avevo forse 10-11 anni).
1. Alzavi la cornetta, trovavi il telefono “muto” e non potevi gridare “mammaaaaa abbassaaaa!!!”.
2. Non potevi comunicare ai tuoi amici in tempo reale il punteggio di Pac-Man o il livello raggiunto con Super Mario Bros.
3. Non potevi condividere col tuo migliore amico le fantasie erotiche preadolescenziali su Lamù (“Hai visto? Oggi le hanno inquadrato l’OMBELICO per più di 10 secondi!!! Io vado a chiudermi in bagno” - “In bagno? A fare che?” - “In effetti non lo so, ma per il momento ci vado lo stesso”).

La nostra esperienza con questa mostruosità tecnologica non durò molto. Motivo “ufficiale”: dopo un po’ iniziammo a renderci conto che ormai avere il duplex, agli occhi della società, era sintomo che stavi sprofondando sotto la soglia di povertà. Motivo “reale”: il primo figlio dei nostri “condividenti” si iscrisse al liceo.
Tuttavia, di quel periodo mi sono rimasti alcuni ricordi e alcune sensazioni.
Ad esempio, quella di non essere completamente padrone delle tue cose; il saper aspettare; capire, quando trovavi il telefono libero, cosa prova un cane randagio che azzanna per primo un pezzo di carne e manco per il cazzo lo condivide col suo branco, ...
Ebbene, ritornando ai disservizi di oggi, e ripensando alle limitazioni di ieri, sono stato assalito da una rabbia anti-tecnologica, di sapore luddista con un retrogusto mormone e hamish, ed ho sognato per un attimo di afferrare uno di quegli avvocati in crisi di astinenza messaggistica e gridargli in faccia: “Di cosa cazzo ti lamenti? Per 3 giorni non hai potuto leggere le email in tempo reale, embè? Io per due anni ho avuto il duplex!”.
E subito dopo avrei voluto aggiungere, per fare un po’ di terrorismo psicologico: “Ci pensi se al tuo fottuto blackberry avessero applicato il duplex?!”.

Già….. ci pensate? La filosofia del duplex è l’esatto opposto di quella di blackberry. Avere un blackberry col duplex sarebbe una sorta di punizione da girone dantesco.
Non puoi inviare questa email, perché il tizio del piano di sopra sta telefonando alla zia”.
No, adesso non puoi scaricare nuovi messaggi, perché lo sta facendo il tuo vicino di stanza. Attendi il tuo turno e non rompere le palle”.
Ti è arrivato un nuovo messaggio. Ma non puoi leggerlo perché quello del palazzo di fronte sta caricando le foto su facebook”.
Qualcuno sta provando a chiamarti, ma non puoi rispondere perché quello del piano di sotto sta usando messenger”.

Non sarebbe una cosa favolosa?



Quattro passi per Prati

Devo dire che ci sono diversi aspetti positivi nel fare l’avvocato a Roma.
Uno di questi è che, quando hai finito in Tribunale, puoi farti un giro e goderti il quartiere Prati, che è davvero notevole. Io me ne sono innamorato a prima vista, ed ogni volta ci ritrovo uno straordinario mix tra l’operosa frenesia di un quartiere “business” e la serafica e godereccia paciosità di un tipico rione romano.
Inoltre è pieno di bar e locali allegri ed accoglienti, alcuni anche famosi. A via Marcantonio Colonna c’è una gelateria citata in tutte le guide gastronomiche d’Italia; allontanandosi un po’, a via Fabio Massimo c’è un bar storico che pare fosse il preferito di Trilussa; spostandosi oltre piazza Mazzini c’è un bar famoso per i suoi cornetti, fatti con una pasta aromatizzata credo col rhum, che li rende inconfondibili.
Insomma, ci sono tutti gli ingredienti per trasformare la fase post-udienza in una piacevole e rilassante esperienza.
Già, una piacevole esperienza, .......
Ok, ho dimenticato un piccolo insignificante dettaglio: ovviamente puoi goderti Prati se hai lo status di uomo libero. Ma se sei un avvocato-dipendente, beh, allora la tua uscita dal Tribunale avrà un sapore molto diverso da quello del gelato di via Colonna.
Infatti, finita l’udienza, decido di fare il giro lungo: caffè storico di via Fabio Massimo, poi mercatino a metà di via Ferrari, aperitivo al bar fico pieno di avvocati a piazza Mazzini, e quindi ritorno in studio. Tanto chi può sapere a che ora finisci realmente? Se qualcuno borbotta basta dire “In Tribunale c’era il delirio, ho finito l’udienza all’una e mezza”, e nessuno si permette di fiatare.
Ma, poichè sono un professionista serio e coscienzioso, appena esco dal Tribunale (ore 11:04)  accendo il cellulare, per vedere se ci sono messaggi in segreteria, sms, chiamate perse. E prometto a me stesso di rispondere SOLO a messaggi veramente urgenti. Una volta che hai risposto, l’incantesimo dell’udienza-delirio è finito, e sei costretto a tornare in studio. E io NON POSSO tornare in studio senza un blitz al caffè di Trilussa.
9:20 - Chiamata persa - Avvocato.

9:21 - Messaggio in segreteria - Avvocato: “Perchè hai il cell spento? Richiamami, è urgente.

9:22 - Sms - Avvocato: “Ti ho lasciato un msg in segreteria. Non l’hai ascoltato? Richiamami. È urgentissimo.

9:23 - Messaggio in segreteria - Avvocato: “Ti ho mandato un sms. Non l’hai letto? Richiamami. È urgentissimo.

9:35 - Chiamata persa - Studio.

9:38 - Sms - Segretaria: “Giulio, ti ha cercato l’avv, gli ho detto che eri in udienza, ma è urgente, appena leggi chiamalo.

9:40 - Sms - Segretaria: “Aspetta, appena leggi chiama me, che te lo passo se è libero.
(Ma non era una cosa urgentissima?)

9:41 - Sms - Segretaria: “No no chiama direttamente lui, è meglio. Ha smesso di lavorare e sta navigando sui soliti siti di orologi, penso che comprerà un altro Rolex.

9:42 - Sms - Segretaria: “Non so quale messaggio ti è arrivato prima e quale dopo. Cmq le ultime istruzioni sono che devi chiamare direttamente l’avv quando finisci.

9:45 - Sms - Segretaria: “L’avv. dice che ci stai mettendo troppo in udienza. All’inizio non credeva neanche alla storia dell’udienza, poi ha visto l’agenda e si è placato. Ma cmq ha detto che ci metti troppo. Aspettati un suo msg. Ha usato delle parole in inglese che non ho capito. Mi ha fatto una testa così. Alla fine ho capito solo che l’incazzatura è «grossa» e che ce l’ha con un suo amico, un tale Bill.

9:55 - Sms - Avvocato: “Dobbiamo rivedere il planning delle udienze. Se durano così tanto va cambiato il timesheet. Mica posso avere problemi col billing? E di questo passo salta tutto l’equilibrio del gross profit e le revenues vanno a farsi fottere.

9:58 - Sms - Segretaria: “L’avv. sbraiiiiitaaaaaaaa!!!! Ora te lo faccio sentire. Dice quelle parolacce americane che si sentono nei pezzi rap. Ah, alla fine ha preso un Patek Philippe. Questo mese niente bonus.

9:59 - Messaggio in segreteria - Studio: “.... E che sto qui a pettinare le bambole io?!?! Chi ci pensa alle fucking revenues?! Fuck you, shit!!

10:05 - Sms - Avvocato: “La prossima volta che c’è un’udienza decido io se ci si va o no.
(Ottimo, perdersi le udienze è la migliore strategia di customer satisfaction).

10:10 - Sms - Avvocato: “E poi il cliente non è contento se sa che perdiamo tutto questo tempo in Tribunale. E io ci tengo alla customer satisfaction.
(Oh cacchio, d’ora in poi penserò a bassa voce......)
Seguono quindi un’altra dozzina di sms dello stesso tenore.
Insomma, è evidente che a quel punto il mio ultimo pensiero era il caffè di Trilussa.
Anche se fosse stato il poeta in persona ad offrirmelo, e mi avesse buttato giù due versi in romanesco per riassumere gli sms, avrei declinato l’invito, e chiamato di corsa l’avvocato.
Del resto, ormai il gelato di via Marcantonio Colonna mi era andato di traverso senza neanche averlo mangiato, tanto valeva affrontare il nemico.
Avvocato” [tono da paraculo] “Mi ha cercato? Ho finito solo ora in udienza. Sto tornando in studio, cosa è successo?

Avv.: “Finalmente! Ma com’è che le tue udienze sono sempre quelle che durano di più? Non è che dopo te ne vai in giro a rimorchiare avvocatesse?

Io: “Ma no, appena finisco torno in studio, lo sa.... Ma cosa è successo?

Avv.: “Ti ricordi il contrattone di joint-venture che abbiamo fatto per la XYZ?

Io: “Sì, è stato firmato, è tutto chiuso. C’è stato qualche problema?

Avv.: “Mi serve urgentemente la versione finale, sull’archivio informatico ce ne sono due, e non si capisce quale è quella più recente.

Io: “Ah, ma lei ha provato ad aprirli un attimo?

Avv.: “Sono stato impegnato tutta la mattinata, non ho avuto tempo.
(Impegnato?! Tranquillo, ho già fatto la soffiata a uno scippatore. In cambio mi ha promesso che, quando ti fregherà il Patek Philippe, ti mozzerà una mano, anche se non dovessi opporre resistenza.)

Io: “Provi un attimo ad aprirne uno e a vedere l’indicazione in alto a destra.
(...)

Io: “Qual è l’intestazione?

Avv.: “Versione 20.6.2011.

Io: “Ok e l’altro?

Avv.: “Versione 28.7.2011. Quindi è questa la più recente.
(Uuuhhh ma che bravo! Come ti senti ad aver imparato la tabellina dell’1? Vuoi che papà ti compri il gelatino? Beh peggio per te, perchè non sto più a via Marcantonio Colonna!)

Io: “Ok, quindi è questa la versione più recente..... Ma... come mai era urgente?

Avv.: (attimo di tentennamento) “Stamattina mi ricordo che ne avevo bisogno e che andavo di fretta. Un motivo ci sarà stato. Ora me lo sono dimentica, ma non stiamo a sottilizzare. Tutto è bene quel che finisce bene.
(EH?! E io ho rinunciato a caffè, gelato, mercatino, aperitivo ecc. per niente?!)

Avv.: “Dai su sbrigati, che c’è una novità! Se fai presto ti faccio vedere il nuovo orologio che ho comprato online! Ma fai in fretta, perchè sto andando a fare l’aperitivo a piazza Mazzini!



Rompere il ghiaccio

Bar del Tribunale di Roma, ore 11:00, dopo le udienze.

Cesare: “Mi sento male, sono sicuro di aver preso un'infezione.
Io: “Cioè? Che hai?
C.: “Una malattia strana, brutta, a furia di fare questo lavoraccio, ha anche un nome strano,  ...
Io: “Ma si può sapere che roba è?
C.: “Mi è venuto... il «tuziorismo difensivo».
Io: “Oddio e come l'hai preso??
C.: “Il dottore dice che devo aver esagerato con qualcosa, sarà stato causato da... un eccesso di scrupolo.
Io: “E quali sono i sintomi?
C.: “Stamattina avevo mal di stomaco e ho... rimesso in termini.
Io: “Vabbè ma ci sarà qualche medicina per risolvere il problema, no?
C.: “Non lo sa neanche il dottore. Ha detto che deve chiedere al... giudice di prime cure.
Io: “Addirittura? Mamma mia, ma è grave questo tuziorismo difensivo?
C.: “Mah, il dottore dice di no, dice che per ora questo tuziorismo è soltanto... «mero».

Sbatto la tazzina sul tavolo e me ne vado: “No vabbè, non è possibile! Io sono un avvocato. Non mi posso abbassare a fare ‘ste stronzate!
C.: “Ma è perfetto! È la gag ideale per acchiappare! Tu pensa, ci mettiamo al bancone del bar, la prima avvocatessa fica che viene a prendere il caffè dopo le udienze, sfatta, sudata, devastata, frustrata, incazzata perchè ha litigato con 20 persone in 3 ore... Inizia a sentire il nostro discorso, si incuriosisce, aguzza le orecchie e.... scoppia a ridere!! Et voilà, abbiamo rotto il ghiaccio!!
Io: “Non ci penso nemmeno, io mi vergogno.
C.: “Eddai, appena scoppia a ridere, inizio a ridere anch’io, la guardo e le faccio «Ehilà collega, giornataccia? Io e il mio amico e collega ci rilassiamo così, un po’ di humour dopo le udienze.... Piacere, avvocato Cesare».”
Io: “Collega.... Avvocato.... Cazzo basta, tu non sei avvocato!

È la fine. Mi guarda come avessi bestemmiato durante la Messa di Natale a Piazza San Pietro, si offende e se ne va.
Dovete sapere che dire a Cesare “tu non sei ancora avvocato” è come sodomizzare Superman con un trapano di kriptonite, o come notificare una “cartella pazza” a Zio Paperone. Ma soprattutto, è la sua frase “taglia-testa-al-toro”, l’arma ultima con cui chiudere, a proprio favore, una qualsiasi discussione, anche non attinente al lavoro.
Di fronte a questa frase non c’è replica che tenga. “La bistecca la preferisco al sangue” “Ma no, è meglio ben cotta, al sangue fa vomitare” “Ma che dici, al sangue è mille volte meglio, e poi tu non capisci niente, non hai manco passato l’esame di avvocato”.
È un po’ l’equivalente, tra avvocati, della frase “taglia-testa-al-toro” tra marito e moglie. “Caro, di che colore la prendiamo la carta da parati?” “Mah, cara, a me piace verdino chiaro” “Ma che cazzo dici? Facciamo beige. Non rompere i coglioni.” “Ma scusa amore, ho espresso la mia opinione, io preferisco il verdino chiaro” “Ma smettila. Non capisci niente. E poi a che titolo parli? Tu ce l’hai piccolo, quindi stai zitto!”. Ecco, a questo punto non c’è niente da replicare. La partita è vinta a tavolino, per abbandono dell’avversario.
E visto che Cesare è scappato via praticamente in lacrime (salvo scrivermi un sms 5 minuti dopo: “Non si dicono certe cose a uno che è ancora in convalescenza per il tuziorismo difensivo”), io me ne torno in studio.
Tanto temo che questo non sarà l’ultima delle sue folli tecniche pseudo-forensi per rimorchiare avvocatesse sfatte e devastate.
Che cosa ci troverà poi nelle avvocatesse sfatte e devastate, mah.......



Il dado è tratto

Ricordo ancora il giorno in cui dissi a Cesare:
Io me ne vado a Roma. Milano non mi va, Napoli mi sta stretta. A Roma ci sono studi importanti che pagano i collaboratori. Qui che ci resto a fare?”.
 
Cesare: "Che idea grandiosa che abbiamo avuto! Vedrai che a Roma faremo grandi cose!"

Io: “Abbiamo avuto? Faremo? Perchè usi il plurale?

C.: “Posso mica farti andare da solo? Tu sei così inesperto. Ti metterebbero nel sacco in un batter d'occhio. Chi è il tuo angelo custode? Chi è il tuo gorilla? Eh? Dillo a zio Cesare."

Io: "Veramente tu non sei nè mio zio (anche se con la tua pelata dimostri 20 anni più di me), nè un angelo, nè un gorilla. Al massimo un orangotango."

C.: “Io non sono pelato!

Io: “No, certo, sei «diversamente pettinato».

C.: “È solo che alcune aree della mia chioma non sono uniformemente folte. E comunque vengo anch'io a Roma.

Io: “Veramente le «aree della tua chioma» sono così multiformi e multicolore che sembrano la cartina geografica delle previsioni meteo. Ma poi scusa, tu qui non hai i tuoi “giri”, le tue “conoscenze”, i pranzi con “quelli che contano”, gli aperitivi con “la pullulante fauna di potenziali clienti”, i dopocena con “la crema della Napoli bene, in cui gettare il tuo amo di navigata professionalità”, eccetera eccetera?

C.: “Giulio, guardami in faccia. Ti devo dire una cosa seria.

Io: “Se dici così e mi chiedi pure di guardarti in faccia, mi viene da ridere.

C.: “Non fare lo stronzo, è una cosa importantissima. Ma prima una domanda altrettanto seria.

Io: “... Mmmpfff!... Vai, spara.

C.: “Tutte quelle espressioni del cazzo che hai elencato prima (la pullulante fauna, la navigata professionalità), le ho davvero usate io?"

Io: “Sì, erano tutti tuoi virgolettati.

C.: “Ma ero pieno come un'otre quando le ho partorite?

Io: “No no, eri «nature».

C.: “Quando parli francese sembri un frocio.

Io: “Tu anche quando parli in napoletano.

C.: “Fanculo. Comunque che coglione che sono. Giulio, mi devi promettere una cosa. La prossima volta che uso termini come quelli, dammi apertamente dello stronzo.

Io: “Con enorme piacere. Ma alla fine qual era la cosa importante che mi dovevi dire?
Improvvisamente si fa scuro in volto, aggrotta la fronte, schiarisce la voce e mi dice: “So che questa cosa ti lascerà shockato, che non riuscirai mai a crederci, ma... non mi arriva un cazzo di incarico da 8 mesi!
(Ovviamente non rimasi shockato)

C.: “La situazione è tragica. Nessun incidente stradale, nessuno che prende più una multa. Cazzo, ma proprio adesso dovevano imparare tutti quanti a guidare bene? Dovevano aspettare che io diventassi avvocato per iniziare a rispettare il codice della strada?

Io: “Veramente tu sei ancora praticante abilitato....

C.: “Che c’entra? Mi manca il pezzo di carta, ma sono libero professionista nel DNA! E comunque, certe volte vorrei gridare in faccia a certi automobilisti: «Ooohhh!! Ma che minchia fai?! Vuoi guidare un po’ più a cazzo di cane? Stiamo a Napoli, mica in Svizzera! E passa con quel rosso, che ti arriva una bella multa! E quella vecchia di merda sulle strisce, ci sta mettendo un secolo ad attraversare, vuoi metterla sotto e spaccarle un femore, così impara a darsi una mossa?», e invece niente. Cazzo, senza infrazioni o vecchiette devastate io come campo?

Io: "Il tuo alto senso civico mi commuove e mi colpisce nel profondo."

C.: “Grazie, è carino da parte tua cercare di tirarmi su con queste parole. Lo apprezzo.

Io: “No, veramente guarda che... vabbè non fa niente.

C.: “Ma io con le belle parole mi ci sciacquo il culo.
(Ecco)

C.:“Ho bisogno di ossa rotte, di traumi cranici. Mi basterebbero un paio di colpi di frusta e starei a posto per un anno.

Io: “Non c’è che dire, sei uno che punta in alto. Comunque, se vuoi, andiamo a comprare una frusta, poi andiamo a trovare la tua ex, e ci pensa lei....

C.: “Non fare lo spiritoso!

Io: “Vabbè ma anche tu, però, eccheccazzo, ti sei un po’ fossilizzato, solo incidenti e multe. Non ti stavi lanciando anche su altri settori? Avevi un paio di cause di condominio se non sbaglio, com’è che avevi detto...? Che stavi «provando a focalizzarti su nuove branche del diritto, perchè in una fase di recessione economica il professionista previdente e con la vista lunga deve diversificare, aprirsi nuovi spazi, essere flessibile, aggredire nuovi target di mercato»”.

C.: “Eh eh.... Certo che ne dico di cazzate.

Io: “Vabbè comunque com’è andata l’aggressione dei nuovi target?

C.: “Una merda.

Io: “Cioè?

C.: “Cioè una merda nel vero senso della parola. Il mio «nuovo target» era un cliente col soggiorno inondato di merda per una rottura della colonna fecale.

Io: “Beh, è comunque un cliente. E poi potevi chiedere bei soldi al condominio. Gli sarà costato ripulire e imbiancare tutto.

C.: “Sì ma ha pagato tutto in nero, e non posso dimostrare quanto ha speso.

Io: “E tu non gli potevi consigliare di farsi fare la ricevuta?

C.: “Veramente io, qualche giorno prima, quando avevamo parlato del mio onorario, gli avevo detto che se mi pagava in nero era meglio e ho sottolineato «Si ricordi, lei paghi sempre tutto in nero, così risparmia un botto». Deve avermi presto alla lettera.

Io: “Sei una vergogna. Vabbè, ma comunque c’è anche il danno non patrimoniale, esistenziale, il “danno alla vita di relazione”. Insomma, io per giorni interi non posso invitare nessuno a casa perchè il soggiorno puzza di merda. Mi dovranno pur risarcire per questo, no?

C.: “... No...

Io: “Non sei collaborativo..... Sentiamo, perchè non gli spetta il danno alla vita da relazione?

C.: “Perchè il mio cliente è un fottuto asociale del cazzo. Non ha amici, non invita nessuno. Mai avuto una “vita di relazione”. L'imbianchino che gli ha ritinteggiato il soggiorno era la prima persona che entrava in casa sua da 6 mesi. Anzi, a dirla proprio tutta, mi ha anche confessato «Sa, avvocato, se devo essere sincero, prima di quest’incidente, il mio soggiorno era sempre chiuso, c’era sempre una puzza di stantio, di gatto morto. E non solo perchè mi ero accorto con qualche giorno di ritardo che 3 dei miei 15 gatti non erano spariti per correre dietro alle gattine in calore. Insomma, la nuova la puzza di merda ha dato al soggiorno un tocco di novità, una botta di vita. Adesso ho dovuto spalancare tutto, cambiare un po’ di mobili, mettere la carta da parati nuova. A dire la verità, è come se questa valanga di merda avesse fatto prendere alla mia casa una boccata d’aria fresca. E inoltre ho fatto nuove amicizie. L’imbianchino è davvero simpatico».

Io: “Vabbè, il gattaro asociale e l’imbianchino vissero felici e contenti. Auguri e figli maschi. Questo comunque è meglio se non lo scrivi nella messa in mora al condominio.

C.: “Quasi quasi non la faccio neanche la messa in mora. Quasi quasi prendo un gattino.

Io: “E vabbè, dai, vieni anche tu a Roma.
 
Mi hanno sempre fatto tenerezza i gatti. Non potevo permettere che lui ne prendesse uno.



Cesare

Non sono venuto a Roma da solo. Mi sono portato dietro una “spalla”. In realtà non volevo, è più corretto dire che qualcuno mi si è attaccato ad una spalla.
Di chi sto parlando? Del mio amico Cesare, ovviamente avvocato anche lui.
In effetti, a pensarci bene, noi avvocati abbiamo il brutto vizio di frequentare solo altri avvocati.
Forse perchè ci piace lagnarci del nostro lavoro anche fuori dallo studio, e ad una cena o ad un aperitivo non saremmo in grado di fare un discorso di senso compiuto per più di 5 minuti senza inserire qualche recriminazione professionale.
Provate a lamentarvi, con un architetto o con un fioraio, di dover “fare una 183 di fuoco”.
L’architetto vi chiederà immediatamente: “Ma è una posizione del kamasutra? Non la conosco”.
Il fioraio, pur di far vedere che la sa lunga, anche se una simile posizione non esiste, interverrà con l'aria dell'uomo di mondo, esclamando: “Ma sì architetto, venga qui che gliela spiego io. Le faccio un disegnino sul tovagliolo. Però, il nostro avvocato, che sporcaccione, eh, chi l’avrebbe mai detto.... Conosce anche la 183..... È roba da intenditori..... Solo in pochi sono riusciti a portarla a termine senza fare danni”.

Comunque, come dicevo, il mio attuale compagno di avventura è l’avvocato Cesare.
Cesare è un caro ragazzo, lo conosco da anni, e da anni gli ripeto che lui e il diritto non potranno mai andare d’accordo, per una questione di DNA.
Innanzitutto - e qui correggo un’inesattezza detta all’inizio - non è ancora avvocato, ma “praticante abilitato”, perchè ha ripetuto l’esame per non so più quante volte.
La sua tenacia è ammirevole, lui non demorde, e ogni anno, puntualmente, a dicembre, si ritrova a ritentare la sorte alla Mostra d’Oltremare (è lì che si fanno gli esami di avvocato a Napoli).
Ormai è diventato un’istituzione. Ogni tanto lo prendo in giro dicendogli: "Di questo passo, un giorno, la Mostra d’Oltremare organizzerà una ... mostra su di te". Dopo la quinta bocciatura non ha più apprezzato il mio umorismo.
Ma lui comunque non si scoraggia. Si sente avvocato dentro. Basti pensare che sul biglietto da visita si qualifica “Avv.” da 6 mesi prima della laurea.

Va detto però che se Cesare non riesce a superare l’esame, ovviamente c’è un perchè.
Il diritto non l’ha mai digerito, lo considera una perdita di tempo.
Ama ripetere che ci sono due categorie di avvocati: i “topi di biblioteca” e gli “avvocati di strada”.
Io sarei un topo di biblioteca, perchè mi piace il diritto, mi piace studiarlo, approfondire, leggere, scrivere atti, ecc.
Lui è un avvocato di strada, perchè ha capito che l’importante è (testuali parole) “stare in mezzo alla gente”, “farsi vedere”, “darsi visibilità”, “essere sempre in trincea”, “stare sul pezzo”, “essere in prima linea”, ecc. ecc.
A volte mi ripete “Sì tu puoi essere anche bravo in diritto, ma se te ne stai sempre chiuso in studio con la capa nel codice, chi lo sa che sei bravo? Tu e il codice. Che non è certo un potenziale cliente”.
Ineccepibile.
Un avvocato di strada, invece, non ha tempo per leggere, studiare, scrivere atti, .... lui è in giro, “nei giri che contano”, pranza con Tizio, prende il caffè con Caio, dà un consiglio al volo a Sempronio, si imbuca nelle assemblee di condominio sperando che qualcuno voglia fare causa, ...
Insomma, io e Cesare abbiamo due “punti di vista” molto differenti sulla professione forense.
Eppure siamo amici.
Forse perchè, nonostante io sia il “topo di biblioteca”, alla fine è sempre alla porta di questa biblioteca che viene a bussare.
Eh sì,  perchè va detto che finora la sua filosofia di “avvocato da strada” ha prodotto, come unico risultato, che Cesare è letteralmente in mezzo a una strada.

Quelli che lui chiama “giri che contano” sono 2 carrozzieri con piccoli precedenti penali che ogni tanto gli passano qualche causa per sinistro stradale, il più delle volte di dubbia provenienza e autenticità.
Quando dice che è importante saper dare consigli volanti a destra e a manca (“perchè è così che il cliente - spluf! - abbocca, se vede l’avvocato che ttà-ttà gli dà la risposta”), si riferisce alla salumiera che, mentre affetta il Parmacotto, gli mostra una multa per divieto di sosta, gelosamente conservata come una reliquia sotto il Galbanino, salvo poi decidere che è meglio pagare (“Eehh Cesarì, poi devo pagare pure l’avvocato. Ah, il prosciutto è venuto 40 grammi in più, che faccio, lascio?”); oppure al proprietario del bar dove Cesare va a fare “public relation”, che gli parla dell’infiltrazione dal piano di sopra e poi lo liquida con un “Vabbè mò ci penso e casomai ti richiamo. Ah, per il caffè sono 80 centesimi, l’hai già fatto lo scontrino?”.
Perchè quello che Cesare non dice è che, ogni volta che ha dato uno dei suoi consigli “volanti” (“Ma sì, qui mandiamo una lettera, facciamo la messa in mora, questo lo contestiamo, poi quest’altro lo impugno io, fai fare a me che gli facciamo un culo così. Che fortuna che hai avuto a incontrare proprio me oggi”), e il tizio ha poi effettivamente deciso di procedere, la risposta è sempre stata la stessa: “Grazie per il consiglio Cesare, ora ho le idee più chiare sul da farsi. Oggi vado dal mio avvocato e gli riferisco tutto, così partiamo con la causa. Ah, ovviamente tu hai un caffè pagato”. Nei giorni più fortunati rimediava un cappuccino. In tanti anni di “consigli volanti”, però, non ha mai raggiunto il tanto agognato traguardo: una colazione completa. Ogni tanto, a questo proposito, fa un lungo sospiro, fissa il vuoto (o, in alternativa, le tette di una che sta passando) e, col tono sconsolato da vecchio avvocato stanco e disilluso, ripete: “Sono queste le vere delusioni della professione. Tanti consigli gratis ma mai un cornetto gratis”.
Ovviamente quando fa così si consola solo se gli offro la colazione.



Avvocato medio

Dicevo degli accidentati percorsi professionali.
Il mio inizia a Napoli, dove ho frequentato l’Università Federico II con impegno medio e profitto normale, mi sono laureato con un voto standard, discutendo una tesi su un argomento mediamente gettonato, indossando (se ben ricordo) un vestito di ordinaria qualità.
Dopo di che ho fatto la pratica forense e preso il fatidico “titolo di avvocato” (il “pezzo di carta bis”, dopo la laurea) con 3 temi di usuale lunghezza e con un voto perfettamente nella media.
Insomma, c’erano tutti i presupposti per una carriera da avvocato medio, del tipo “ma com’è l’Avvocato Giulio?” “Mah, normale, una volta vince, una volta perde” “Sicuro? A me sembra bravo” “Te l’ho detto, è uno che una volta vince e una volta perde” “Oddio, io ho appuntamento con lui oggi. Sai per caso se l’ultima causa l’ha vinta o l’ha persa?”.
Il fatto è che a me la “media” è sempre piaciuta.
La “media” è quella zona grigia (ma non nel senso di grigia-triste, no, un grigio elegante, preferisco dire “fumo di Londra”) in cui sei circondato da airbag, cuscinetti e reti di protezione.
Non vuoi responsabilità? Resta saldamente aggrappato alla media come i passeggeri del Titanic lo erano alle scialuppe di salvataggio.
Vuoi evitare le batoste? Posizionati sempre un filo sopra il “meno che mediocre”: ti eviterà tante mortificazioni.
Ma stai attento a non sconfinare mai nel “più che sufficiente”: potrebbero abituarsi e pretendere che tu raggiunga risultati ancora migliori.
Insomma - mi ripetevo - se non scendo al di sotto della media, sono sicuro che nessuno potrà mai rimproverarmi che ho sbagliato.
E se qualcuno si lamenta perchè non sono stato eccelso, peggio per lui, potrò sempre difendermi ribattendo: “Ma non l’hai letto il mio blog?”.
Solo che ad un certo punto questa filosofia iniziava ad andarmi un po’ stretta.
Decisi quindi che era giunta l'ora di fare il “grande salto”.
Grande, insomma, senza esagerare...
Diciamo che avevo deciso di fare un “salterello medio”, nella norma, senza infamia e senza lode.
(Pensateci un attimo, se vent’anni fa la stessa cosa l’avesse pensata Sergei Bubka, ora farebbe il badante di qualche 90enne italiano, e l'unico record della sua vita sarebbe il numero di pannoloni che riesce a cambiare in un giorno).
Ebbene, per un giovane avvocato napoletano, senza uno straccio di cliente, “fare il grande salto” è sinonimo di andare a cercare fortuna a Milano, in uno di quei mega-studi magari inglesi o americani.
Ma poi ho pensato: Milano?! Così lontana, così fredda, non ci sono pizzerie decenti, il caffè sa di piscia di gatto, che ci vado a fare? In più si narra che le camicie verdi organizzino, una volta al mese, una specie di “caccia al terrone”, armati di spranghe e catene.
E inoltre è così competitiva. Fanno a gara su tutto. Chi ha l’ultimo modello di blackberry, chi ha la cravatta più costosa, chi ha l’orologio più trendy, chi ha la fidanzata con le tette più grosse, ...
Io non so essere così competitivo.
E poi all’epoca non avevo il blackberry, portavo un orologio uscito in regalo da un fustino Dixan, e frequentavo una ragazza che ogni sera mi chiedeva “mi amerai per sempre anche se porto la seconda?”, quando in realtà portava la prima, .....
Dunque, Milano era da scartare. Ma del resto non potevo neppure rimanere a Napoli.
Quindi, in perfetta linea con la mia predilezione per le vie di mezzo, optai per un’onorevole soluzione intermedia. Se Milano era troppo lontana e Napoli troppo vicina, presi la mia decisione: andrò a lavorare in uno studio legale a Roma!
Ma sì, alla fine è a un’ora e mezza da casa, il clima è buono, si mangia bene, e poi è una città di paciocconi, gli avvocati saranno tutti dei simpatici caciaroni con la battuta pronta, tutti amiconi, pronti a darti una mano, un consiglio.
Basta pensare all’Avvocato Porta! Ah, che simpatica canaglia! Lì saranno tutti come lui. Sai che spasso in Tribunale?
E poi, è vero che Roma è la capitale, e ci sarà da lavorare, ma figuriamoci se gli avvocati restano in studio fino a tardi. Mica siamo a Milano. Gli avvocati romani hanno Piazza di Spagna, Piazza Navona, Trastevere, Villa Borghese, i localini all’aperto, sicuramente alle 5 del pomeriggio chiudono tutto e vanno a godersi la città più bella del mondo.
Su su, coraggio, fare l’avvocato a Roma sarà come vivere in una grossa fiction a cielo aperto, piena di avvocati Porta pronti a strapparti una risata con un “anvedi!” e un paio di “aho!”.
E poi noi napoletani siamo così simpatici, così solari, aperti, a Roma ci adorano! Sì sì, non aspettano altro che di conoscere nuovi colleghi partenopei, lo dicono tutti.
Ah, che bello, che splendida decisione che ho preso, sono sicuro che mi troverò bene.


Un altro blog sugli avvocati?

Un altro blog sugli avvocati?! Ma ce ne sono già un sacco! E poi che palle sempre con questi avvocati! Ormai avete detto tutto quello che c’era da dire. E la gran parte sono stronzate”.
Ok, questa potrebbe essere la prima reazione, comprensibile, per carità. Del resto, ne sono state dette e scritte talmente tante di stupidaggini sugli avvocati, che qualche piccolo pregiudizio è più che giustificabile.
In effetti, oggi, un blog sugli avvocati potrebbe essere interessante solo se commentasse notizie del tipo:
Bunga bunga nello studio di Perry Mason. A dirigere il «trenino» l’inseparabile compagno di merende Matlock . Coinvolta anche Giulia Bongiorno che si giustifica così: «Matlock è il mio mito professionale, gli devo tutto, mi sono sempre ispirata a lui, anche nel look. Sul podio dei grandi del diritto ci sono Carnelutti, Calamandrei e Matlock. E poi ho provato ad imbucarmi nel bunga bunga di Berlusconi, ma non mi hanno fatta entrare, non so perchè. Mi ero anche spacciata per la zia di Gheddafi».

Oppure, in un blog trendy ed accattivante non potrebbe mancare una rubrica come questa:
*** Pillole forensi ***
Scandalo a luci rosse a Forum. Ally McBeal corrompeva il giudice Santi Licheri inviandogli le sue mutandine usate, che quest'ultimo incautamente usava come segnalibri per i codici. Trovate invece nella spazzatura i mutandoni di lana che gli spediva Rita Dalla Chiesa.

I puffi si rivolgono al Codacons per una class action e una denuncia all'Antitrust. Il promotore dell'iniziativa, il carismatico leader Puffo Quattrocchi, è irremovibile: “Non si può più andare avanti così, qui purtroppo siamo tutti maschi e la sodomia è diventata la prima piaga sociale subito dopo Gargamella. Che cazzo, fino a qualche anno fa avevamo un bel colorito rosa, poi a furia di incularci a vicenda e di massacrarci di seghe, per lo sforzo siamo diventati tutti blu. Ci stiamo devastando fisicamente. Per esempio, avete presente Grande Puffo com’è ridotto? Ecco, in realtà ha 32 anni. I più disperati poi sono passati dalla parte del nemico e fanno sesso a pagamento con la gatta Birba. Ora basta, chiediamo al giudice che ordini a Puffetta di darcela a turno. Continua a tirarsela in maniera assurda, e non possiamo neanche dirle «Oh ma mica ce l'hai solo tu!» perchè il problema è proprio che ce l'ha solo lei! Insomma, è un abuso di posizione dominante. E deve anche muoversi, perchè ormai c'ha pure un'età, e le resta ancora poco prima di diventare una vacca col culo da balena. Poi a quel punto è meglio Birba”.

O infine:
Il principe William, mezz’ora dopo le nozze con Kate, beccato a letto con la sorella sexy di sua mo-glie. Ma il suo avvocato, Bernardini De Pace, ostenta sicurezza: “È in una botte di ferro, la mia difesa sarà imbattibile, e si baserà tutta sulla domanda: ma in fondo, un uomo sposato, di tanto in tanto, non è neanche libero di farsi una Pippa?”.

Ok, questo blog non sarà nulla di tutto ciò. Sarà sempre pieno di stupidaggini, ovvio, ma sarà soprattutto una cronaca semi-seria (più semi che seria) della mia strana avventura forense (e dei suoi “effetti collaterali”), del mio percorso, o meglio, di quello che molti, in maniera altisonante, definirebbero il “percorso professionale”. Io, per restare in tema, preferisco definirlo come una via di mezzo tra la Via Crucis e le 12 Fatiche di Ercole. Anche quelli sono percorsi, no?
Ah dimenticavo di presentarmi. Piacere, mi chiamo Giulio e - indovinate un po’ - faccio l’avvocato.
Ma con voi non mi formalizzo, potete chiamarmi anche Avvocato Giulio.


Una giornata normale

Tribunale di Roma - Lunedì mattina - ore 9:55

Esco di corsa dall’aula del Giudice Tizio e compongo nervosamente il numero dell’Ing. Trifolazzi [per rispettare la privacy degli interessati, i nomi sono stati sostituiti con alcuni di fantasia, ma non ho avuto tempo per inventarne di migliori, quindi accontentatevi], mio testimone, regolarmente citato, che doveva essere qui alle 9:30.
L’Ing. Trifolazzi è un milanese carico di soldi e dirige una società che ha fatto il botto progettando sofisticati “sistemi di fissaggio per sanitari sospesi”, ossia, per esempio, bidet che sono attaccati solo al muro ma non appoggiati per terra.

Avucàt, ‘scolti, io ho fatto i milioni coi cessi volanti!”, questo fu il suo biglietto da visita, quando si presentò in studio.
E aggiunse: “Da Roma in sù, 1 italiano su 10 che caga deve ringraziare me”.

Perchè da Roma in sù? E in giù?”.

Avucàt, ma lei mi delude. Che ne so io sotto Roma se i terùn si lavano il culo. Non so neanche se hanno il cesso in casa. Non usano dei cacatoi collettivi, dove cacano tutti assieme cantando «’O sole mio»?”.

Ah! Ah!” abbozzai una finta risata, “Che simpatico.... Comunque la devo avvertire che io, anche se lavoro a Roma, sono di Napoli”.

..... Ah......”.
Da quel giorno mi tratta con leggero distacco.
Ma torniamo ad oggi.
Io: “Pronto, Ingegner Trifolazzi?

Ing.: “Uè avucàt! Buongiorno!
(Buongiorno il cazzo, idiota, dove diavolo sei finito?)

Io: “Buongiorno a lei, ma..... scusi, dove sta? Io la sto aspettando in Tribunale. Oggi doveva venire a testimoniare nella causa della sua società.

Ing.: “Lo so, infatti sono all’ingresso del Tribunale e la sto aspettando da 25 minuti. L’udienza era alle 9:30, sono uno puntuale, io.

Io: “Ma anch’io sono arrivato alle 9:30, ho aspettato 10 minuti all’ingresso, non l’ho vista e sono salito. Vabbè, comunque adesso venga, il giudice l’ha chiamata. 3° piano, stanza 225.”

Ing.: “Ok, ‘scolti, mi conviene entrare da Via Freguglia o da Corso di Porta Vittoria?

Io: “.......

Ing.: “Avucàt, alùra?

Io: “Ingegnere..... ma lei...... davanti a che Tribunale si trova?

Ing.: “Uè ma mi ha preso per un pirlotto? Sono davanti al Tribunale di Milano!

Io: “Ma la causa è al Tribunale di Roma!

Ing.: “Eh, lo so.

Ing.: “E allora perchè è andato davanti al Tribunale di Milano? Come fa il giudice a sentirla come testimone se siamo tutti qui a Roma?

Ing.: “Avucàt, ma lei mi si perde in un bicchier d’acqua.
(E tu dovresti affogare nell’Oceano Indiano)

Ing.: “’Scolti, siamo nel ventunesimo secolo, l’era di internet, della new economy, del vvù-vvù-vvù. Io sono al Tribunale di Milano, mi collego in conference video-satellitare col giudice di Roma e rispondo alle sue domande. Ce l’avrete un sistema di ultima generazione di videoconferenza per le udienze, no? Noi qui in azienda facciamo riunioni con gli americani, compriamo dagli inglesi, vendiamo ai tedeschi, tutto in video-conference. Insomma, ormai è l’abc.

(Prendo qualche secondo per rispondere, e ripenso a quella cancelliera che una volta mi disse “Non posso farle nessun controllo al terminale, hanno trovato un virus nel computer, e a noi ancora non ci hanno vaccinato. Io poi devo stare attenta, da piccola non ho avuto neanche la scarlattina”).

Io: “Ingegnere, mi dispiace deluderla, ma non ci sono sistemi di videoconferenza. Se proprio non poteva venire, me lo diceva, facevamo una prova delegata. Ma ci siamo sentiti 3 giorni fa, e le ho detto di organizzarsi per la trasferta. Se lo ricorda?

Ing.: “Certo, e ricordo anche che le ho chiesto se poteva suggerirmi qualche escort che riceve in zona Tribunale, perchè dopo l’udienza mi volevo rilassare un po’. Ma lei non ne conosceva nemmeno una.

Io: “Vabbè ma questo che c’entra adesso?

Ing.: “C’entra, c’entra, perchè io le avevo chiesto un’ucraina, massimo 24 anni, quarta di reggiseno, ottima conoscenza di parolacce in italiano e massima disponibilità a farmi esplorare il suo lato B. Le avevo rivelato, in via del tutto confidenziale, le mie preferenze.

Io: “E io mi sento onorato di queste sue confidenze, ingegnere, glielo assicuro, ma non vedo cosa c’entrino con la testimonianza.

Ing.: “E invece c‘entrano. Perchè l’ucraina 24enne col culo «open 24/24h» l’ho trovata a 5 minuti dal Tribunale di Milano. E quindi ho deciso di venire qui.
(In effetti, il ragionamento non fa una piega)
Ing.: “Se voi a Roma non avete le ucraine in zona Tribunale, e non avete le apparecchiature per la videoconferenza, io che ci posso fare?

Io: “Ingegnere, non divaghiamo. Ora devo pensare a cosa dire al giudice.

Ing.: “Infatti, non divaghiamo. Sono già le 10:10, e io tra 20 minuti ho appuntamento con Natasha. Facciamo così, dia al giudice la mia email, e gli dica di inviarmi le domande per posta elettronica. Io gli rispondo in tempo reale col blackberry. Ma gli dica che la batteria si sta scaricando e che ha giusto altri 20 minuti di autonomia. Eh eh.
(Certo, così finisce che gli rispondi proprio mentre sei a cavalcioni di Natasha. Con una mano la sculacci e con l’altra usi il blackberry, Stai attento però a quando ripeti la formuletta iniziale del giuramento “sì mi impegno”. Natasha la potrebbe prendere per una proposta di matrimonio)

Io: “Guardi, non si è mai vista la testimonianza via email.

Ing.: “Eh ma quanto rompe ‘sto giudice! Non ha la videoconferenza, non ha l’email, ma che è, un pezzente? Insomma, gli dica che ha sempre a che fare con un ingegnere, eh! Io ho sgobbato studiando come si costruiscono i ponti e le gallerie!
(Sì ma oggi progetti cessi volanti)

Io: “Ma che dice.....

Ing.: “Dico dico! Io qui rischio di fare tardi con Natasha! ‘Scolti, la verità è che sono una delle tante vittime della malagiustizia! Ah, ora sì che capisco come si sentiva Enzo Tortora!

Io: “Ma che razza di paragone, non le sembra di esagerare un po’?

Ing.: “Niente affatto! Si vede che lei non ha visto il culo di Natasha.

Io: “Senta, lasci stare Natasha. Lei oggi ufficialmente è un testimone che è stato regolarmente citato ma che non si è presentato. La prossima volta rischia l'accompagnamento coattivo. La vengono a prendere i carabinieri a casa.
(Magari un po' di terrorismo psicologico può essere utile)

Ing.: “Vede? Che avevo detto io? Proprio come Tortora!


Ecco, questo è un normale lunedì, di una normale settimana di lavoro, di un normale avvocato napoletano emigrato a Roma.